Gestire i figli con un ex partner narcisista: consigli pratici
By: Jessica Zecchini
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Gestire i figli con un ex partner narcisista: consigli pratici
È possibile crescere figli sani accanto a un ex narcisista? Cosa può fare la Terapia Online?
Quando finisce una relazione, l’ideale sarebbe voltare pagina, riorganizzare la propria vita e costruire per i figli un nuovo equilibrio. Ma questo processo si complica — e a volte diventa una vera trappola emotiva — quando l’altro genitore manifesta tratti narcisistici marcati.
Non è solo un modo di essere egocentrici o difficili: il narcisismo patologico è una modalità relazionale che distorce il legame con l’altro. È una modalità relazionale in cui l’altro esiste principalmente in funzione del proprio bisogno di potere, approvazione o controllo.
Nel contesto genitoriale, questo può diventare devastante.
Il genitore narcisista non coopera: manipola.
Svaluta l’altro genitore anche davanti ai figli, confonde la realtà, distorce i fatti, riscrive i ricordi.
Non riconosce i bisogni emotivi dei bambini, a meno che non coincidano con i suoi.
E nel farlo, indossa una maschera: quella della vittima.
All’esterno appare affabile, razionale, persino disponibile. Ma in privato — nei messaggi, nelle mail, nei momenti cruciali — mette in atto vere e proprie dinamiche di controllo, usando i figli come strumenti per destabilizzare l’altro genitore.
Il risultato? I bambini diventano inconsapevoli testimoni (o peggio, strumenti) di una guerra fredda che non li riguarda, ma che li coinvolge profondamente.
E tu, come genitore sano, inizi a sentirti in colpa, confusa, esausta. Ti chiedi se stai sbagliando qualcosa. Ti chiedi se sei troppo sensibile. Se stai esagerando.
Non lo stai facendo. Stai vedendo con chiarezza.
Riconoscere il narcisismo patologico in un contesto genitoriale non è solo utile: è fondamentale.
Per fermare quella dinamica invisibile che alimenta colpa e confusione.
Per proteggere i tuoi figli dalla confusione affettiva.
E per iniziare a costruire uno spazio psicologico più sano, anche se l’altro genitore continua a restare immobile nel proprio copione.
L’obiettivo di questo articolo è offrirti strumenti chiari, pratici e psicologicamente fondati per:
- Riconoscere queste dinamiche senza cadere nella trappola della negazione,
- Stabilire confini efficaci,
- Proteggere i tuoi figli da logiche disfunzionali,
- E soprattutto, ritrovare lucidità, centratura e forza nel tuo ruolo di genitore.
Non metterli in mezzo: proteggere i figli dalla triangolazione
Uno degli effetti più insidiosi della co-genitorialità con un ex partner narcisista è la triangolazione affettiva, cioè il coinvolgimento dei figli in dinamiche che non dovrebbero riguardarli. Il genitore narcisista, infatti, fatica a relazionarsi in modo diretto e maturo, e spesso trasforma i bambini in strumenti inconsapevoli per esercitare controllo o vendetta sull’altro genitore.
Può farlo in modo esplicito: “Chiedi alla mamma perché non vuole che io ti porti al mare.”
Oppure in modo sottile: con battute svalutanti, allusioni, cambi d’umore dopo le visite, manipolazioni affettive (“con la mamma ti diverti di più, vero?”).
Il risultato è che il bambino si ritrova al centro di una tensione che non sa nominare ma che sente, eccome se la sente: nel corpo, nell’umore, nelle domande che non riesce a fare.
Cosa fare, allora, per proteggerlo davvero?
Per prima cosa, è fondamentale non cadere nella stessa trappola: anche se sei ferita, frustrata, o esasperata, evita di parlare male dell’altro genitore davanti ai tuoi figli. Non perché l’altro genitore lo meriti, ma perché i tuoi figli meritano pace. Devono poter costruire la propria identità senza essere caricati di giudizi o etichette che li costringerebbero a scegliere, schierarsi o sentirsi in colpa.
In secondo luogo, impedisci con fermezza e dolcezza che diventino messaggeri o mediatori. Frasi come “diglielo tu”, “chiedi a lui”, o “domanda a tua madre se ha letto” sembrano innocue, ma in realtà caricano i figli di un ruolo che non spetta a loro: quello di messaggeri tra due adulti in conflitto, quando ciò di cui avrebbero bisogno è solo di essere bambini. Le comunicazioni tra adulti devono restare tra adulti, anche se una delle due parti non collabora. Non è un gioco a due: tu puoi comunque scegliere di fare la tua parte in modo sano.
Infine — ed è forse la cosa più importante — lavora ogni giorno per rafforzare la loro autostima. I figli di genitori narcisisti tendono a interiorizzare messaggi contraddittori: oggi sono “speciali”, domani “inadatti”; a casa tua sono liberi, a casa dell’altro controllati.
Per aiutarli a restare in equilibrio, servono due cose: coerenza e fiducia.
Mostra loro che possono fidarsi di ciò che sentono. Dai un nome alle emozioni che osservi. Rassicura, ma senza negare la realtà. E se un giorno iniziano a dubitare di sé, ricordagli che non sono mai responsabili dei conflitti tra gli adulti. Mai.
Proteggere i figli dalla triangolazione non significa salvare tutto. Significa offrire loro un luogo dentro cui possono respirare.
Anche se attorno ci sono tensioni, manipolazioni e parole non dette, tu puoi essere la loro base sicura.
Metti i paletti e tienili fermi: l’importanza dei confini chiari
Una delle prime illusioni da lasciar andare quando si ha a che fare con un ex partner narcisista è l’idea che si possa trovare un terreno comune.
Non ci sarà un momento in cui “finalmente capirà”, né un confronto risolutivo in cui, con pazienza e buone intenzioni, riuscirai a farti ascoltare.
Il narcisismo patologico è impermeabile al confronto autentico. Non tollera critiche, non accetta responsabilità, e utilizza il dialogo non per risolvere, ma per spostare colpa, manipolare, riaprire ferite.
Ecco perché definire confini chiari — e soprattutto rispettarli — non è solo una buona pratica: è un gesto concreto di protezione emotiva, per te e per i tuoi figli.
Uno dei modi più efficaci per farlo è limitare al minimo la comunicazione, mantenendola essenziale e — quando possibile — scritta.
Scrivere aiuta a contenere, a evitare l’escalation emotiva, e soprattutto lascia una traccia verificabile, che può diventare utile anche in ambito legale, se necessario.
Scegli canali neutri, come email o app per la co-genitorialità, e rispondi solo a ciò che riguarda i bambini: orari, salute, scuola, eventi importanti.
Ogni altro tentativo di provocazione, attacco o sviamento va ignorato. Sì, ignorato — che non significa cedere, ma scegliere dove mettere la tua energia.
Ed è proprio questo il secondo punto cruciale: mantieni sempre il focus sui bisogni reali dei tuoi figli, non sulle dinamiche personali con l’ex.
Il narcisista cercherà in tutti i modi di trascinarti in discussioni su vecchie questioni irrisolte, accuse fuori contesto o dettagli irrilevanti.
Ogni volta che accetti il confronto su questi piani, perdi potere. Non il potere di cambiarlo — perché quello non ti appartiene — ma il potere di proteggere ciò che è tuo: la lucidità, la stabilità mentale e il tuo ruolo come genitore.
Infine, una delle trappole più logoranti in cui cadono molte persone è il tentativo — spesso disperato — di “farsi capire”.
Speri che prima o poi vedrà i danni che causa. Che riconoscerà la fatica che stai facendo. Che smetterà di usare i figli come mezzo per colpirti.
Ma questo momento non arriverà. Ogni sforzo speso per cercare di cambiarlo è un investimento perso, sottratto al tuo benessere e a quello dei tuoi figli.
Il tuo ruolo non è rieducare chi non vuole cambiare, ma costruire protezione e presenza per te e per i tuoi bambini. Non hai il compito di educare il narcisista. Hai il compito di proteggerti e proteggere i tuoi bambini.
I confini non sono muri: sono porte con serratura.
Decidi tu chi far entrare, quanto tempo concedere, e dove termina il suo spazio nel tuo mondo.
La calma dentro la tempesta: coltivare la propria regolazione emotiva
Quando ci si trova a condividere la genitorialità con un ex partner narcisista, l’instabilità non è solo esterna. È dentro.
Non si tratta solo delle provocazioni, delle mail aggressive o degli appuntamenti saltati all’ultimo minuto. Si tratta di quello che accade dentro di te: un susseguirsi di rabbia, impotenza, stanchezza cronica e, spesso, senso di colpa.
E in questo vortice emotivo è facilissimo perdersi, o peggio, scaricare senza volerlo la tensione sui propri figli.
Per questo motivo, prendersi cura del proprio equilibrio emotivo non è un lusso, ma una responsabilità psicologica.
I figli — anche se piccoli — percepiscono tutto: lo sguardo assente, il tono forzato, l’irritazione repressa. E se non sanno dargli un nome, tendono a dare a se stessi la colpa.
È per questo che la tua centratura è il loro punto di riferimento. Se tu stai in piedi, anche loro possono farlo.
Ma attenzione: questo non significa reprimere le emozioni o fingere serenità. Significa crearci uno spazio interno dove possano esistere senza travolgere.
Uno spazio in cui rabbia, delusione, frustrazione, paura non vengano negate, ma osservate. Contenute. Lavorate.
Come si fa, concretamente? Attraverso strumenti di autoregolazione emotiva, che diventano vere e proprie ancore nei momenti di caos.
- Mindfulness: non è solo meditazione, ma presenza. Portare l’attenzione al corpo, al respiro, al momento presente, quando la mente vuole tornare a litigi passati o a futuri immaginati.
- Journaling: scrivere ogni giorno ciò che provi, senza filtri. È un modo potente per trasformare il pensiero circolare in consapevolezza strutturata.
- Respirazione consapevole: anche solo tre minuti al giorno possono aiutare il corpo a riconoscere la differenza tra un pericolo reale e uno stress immaginato.
E poi c’è un aspetto spesso trascurato, ma fondamentale: non coinvolgere i tuoi figli nei tuoi sfoghi.
Anche se ti sembra che “capiscano tutto”, anche se vogliono sapere, anche se ti chiedono: “Perché papà fa così?”
I figli hanno bisogno di sentirsi figli, non confidenti, né alleati. Le tue emozioni hanno bisogno di spazio e ascolto, ma non spetta ai tuoi figli farsene carico.
Crea il tuo spazio sicuro per elaborare: che sia la terapia, un gruppo di supporto, una routine serale tutta tua. Non per fuggire dalla realtà, ma per non lasciarti inglobare da essa.
In un contesto instabile, il tuo respiro può diventare l’unico ritmo sicuro.
E quando dentro sei centrata, fuori puoi essere guida.
Crescere tra due mondi: sostenere i figli senza spezzarli
Quando i figli vivono tra due genitori profondamente diversi — uno stabile e accogliente, l’altro centrato su sé stesso e spesso manipolatorio — si trovano a crescere in una sorta di doppia realtà.
Da un lato c’è chi li ascolta, li guida e li contiene.
Dall’altro, chi li condiziona, li confonde e talvolta li coinvolge in ruoli che non spettano loro.
In questa tensione silenziosa ma costante, i bambini imparano presto a leggere l’ambiente, a trattenere le emozioni e a non deludere nessuno. E questo, col tempo, può generare fratture profonde nella loro identità.
Ecco perché il tuo compito più importante non è combattere l’altro genitore, ma costruire per i tuoi figli uno spazio emotivo stabile, in cui possano essere sé stessi, liberi da ciò che accade intorno a loro.
La prima cosa da costruire è un ambiente stabile, prevedibile e affettivo.
La stabilità non significa rigidità, ma coerenza: regole chiare, tempi rispettati, routine che rassicurano.
Il prevedibile non annoia: protegge. Soprattutto quando altrove regna il caos emotivo o l’ambiguità.
E l’affetto — espresso ogni giorno, senza condizionamenti — diventa il vero nutrimento. Non basta dire “ti voglio bene”, serve dimostrarlo con presenza, ascolto, contatto, tempo condiviso.
Ma anche nel tuo spazio sicuro, il bambino porterà inevitabilmente i suoi vissuti legati all’altro genitore. E qui entra in gioco un aspetto cruciale: non forzarlo mai a prendere posizione.
Non cercare alleati. Non fare domande allusive. Non interpretare ogni comportamento come un attacco o un segnale.
A volte i figli si chiudono, altre si arrabbiano con te, altre ancora difendono il genitore che ti ferisce.
Non perché non vedano, ma perché amano entrambi, e lottano per tenere insieme le due metà del loro mondo.
Sostienili proprio lì, nel mezzo. Ascoltali, rispondi solo a ciò che chiedono, e se tacciono resta accanto a loro comunque.
Infine, non temere di chiedere aiuto professionale.
Uno psicolo a orientamento sistemico-relazionale e familiare non serve solo in casi “gravi”, ma può essere una figura chiave per accompagnare te i bambini nel dare significato a ciò che state vivendo.
Sostenere un figlio non significa portarlo via dal conflitto, ma camminare con lui nel mezzo, tenendogli la mano finché non sarà pronto a reggersi da solo.
Cosa può fare la Terapia Online?
Quando ogni giorno sei chiamata a gestire dinamiche tossiche, messaggi ambigui, figli confusi e ferite invisibili, è facile pensare di dover fare tutto da sola. Ma la verità è che anche il genitore più presente, attento e amorevole ha bisogno di un luogo dove potersi fermare, ascoltare, ricostruire.
La terapia online, in questo senso, non è solo uno spazio di parola: è un contenitore protetto dove puoi portare le tue emozioni senza filtri, senza il rischio di essere fraintesa, e senza dover reggere tutto da sola.
A differenza di ciò che si pensa, la terapia non è un’emergenza. È una scelta di lucidità.
✔️ Regolare le emozioni
Ti aiuta a gestire quella rabbia che brucia quando ricevi l’ennesimo messaggio provocatorio. A tenere a bada il senso di ingiustizia che si riattiva ogni volta che i tuoi sforzi sembrano invisibili.
Lavorare sulle emozioni significa rafforzare la tua resilienza, senza diventare fredda o distante, ma capace di scegliere le risposte, invece di reagire automaticamente.
✔️ Comunicare in modo efficace e protetto
In terapia impari a comunicare senza alimentare il gioco del conflitto.
Allenarti a essere assertiva, chiara, neutra, ti permette di proteggerti e proteggere i tuoi figli da un circolo di accuse, ritorsioni e ambiguità che non porta da nessuna parte.
✔️ Proteggere i figli con consapevolezza
Un terapeuta ti aiuta a comprendere quando intervenire e quando lasciare andare.
Ti sostiene nel trovare il punto di equilibrio tra la protezione attiva e la fiducia nei tuoi figli.
E ti accompagna nel dare loro sicurezza, senza trasmettere ansia, paura o sfiducia nell’altro genitore.
✔️ Rielaborare la relazione con l’ex
Spesso, anche dopo la separazione, restano nodi emotivi irrisolti: rabbia repressa, dipendenza psicologica, bisogno di approvazione o giustizia.
La terapia online ti aiuta a vedere con chiarezza quei legami emotivi sottili ma potenti, a scioglierli con consapevolezza e a riportare la tua energia lì dove serve davvero: nel presente, in te e nei tuoi figli.
✔️ Elaborare senso di colpa e solitudine
Forse ti senti in colpa per aver messo fine alla relazione. O per non aver potuto proteggerli quando ne avevano più bisogno. Forse ti senti sola, anche quando intorno hai persone che ti vogliono bene.
La terapia online ti offre un luogo di validazione e verità, dove puoi essere vulnerabile senza sentirti debole. Dove puoi riconoscere il tuo valore come genitore, anche in mezzo alla fatica.
Non puoi cambiare l’altro genitore.
Ma puoi cambiare il modo in cui ti rapporti a lui, a te stessa e ai tuoi figli. Puoi essere una presenza stabile, emotivamente sicura e profondamente connessa ai tuoi figli. E non perché sei perfetta, ma perché stai scegliendo consapevolmente di esserci, con e direzione.
La terapia online può aiutarti a farlo. Giorno dopo giorno, passo dopo passo.
“Non puoi cambiare l’altro genitore, ma puoi diventare la bussola emotiva dei tuoi figli: stabile, autentica, e capace di guidarli anche quando attorno c’è tempesta.”
Riferimenti Bibliografici:
- Mammoliti, Cinzia (2019). Figli di genitori narcisisti. Come riconoscere il narcisismo patologico e difendersi. Red Edizioni.
- Telfener, Umberta (2016). Donne che amano i narcisisti. Riflessioni sul narcisismo relazionale. Castelvecchi Editore.